Pazienti con anamnesi di gotta e con insufficienza cardiaca: benefici dal trattamento con Allopurinolo


L'iperuricemia è associata a ridotta sopravvivenza tra i pazienti con scompenso cardiaco, ma l'effetto della gotta sugli esiti dello scompenso cardiaco è sconosciuto.
Un recente studio randomizzato ha indicato che l’Allopurinolo ( Zyloric ) può ridurre gli esiti avversi tra i pazienti con iperuricemia e scompenso cardiaco.
L’obiettivo di un nuovo studio è stato quello di determinare se la gotta e l'uso di Allopurinolo fossero associati agli esiti dello scompenso cardiaco.

Un’analisi nidificata, caso-controllo, retrospettiva, ha esaminato una coorte di pazienti di età uguale o superiore a 66 anni con insufficienza cardiaca i cui dati erano presenti nelle banche dati sanitarie del Quebec, Canada.

L'endpoint primario era una misura composita di ricovero per scompenso cardiaco e mortalità per tutte le cause. L'endpoint secondario era rappresentato dalla mortalità per tutte le cause.

Tra i 25.090 pazienti in questa coorte, l'esito primario è stato riscontrato in 14.327 di loro.
Sia un’anamnesi remota di gotta sia un episodio acuto di gotta ( entro 60 giorni dalla data dell'evento ) sono risultati associati a un aumentato rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco o a mortalità ( rapporto tra tassi aggiustato 1.63, p<0.001; e 2.06, p<0.001, rispettivamente ).

L’uso continuo di Allopurinolo ( più di 30 giorni di utilizzo consecutivo ) non è risultato associato all'esito primario all’interno della popolazione totale con scompenso cardiaco ( rapporto tra tassi aggiustato 1.02, p=0.55 ), ma era correlato a un ridotto numero di ricoveri per scompenso cardiaco o a morte ( 0.69, p<0.001 ) e a mortalità per tutte le cause ( 0.74, p<0.001 ) tra i pazienti con una storia di gotta.

In conclusione, i pazienti con scompenso cardiaco e un’anamnesi di gotta hanno dimostrato di rappresentare una popolazione ad alto rischio. Tra questi pazienti, l'uso di Allopurinolo appare associato a esiti migliori. ( Xagena_2010 )

Thanassoulis G et al, Arch Intern Med 2010; 170: 1358-1364