Effetti clinici del deficit di lipasi lipoproteica


La lipasi lipoproteica ( LPL ) è un enzima chiave nel metabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi e, quindi, alterazioni della sua attività si associano ad aumento di queste lipoproteine.
Mutazioni che interessano il gene della LPL, sito sul cromosoma 8, possono condurre a un deficit totale dell’attività dell’enzima come avviene nella sindrome chilomicronemica, una rara patologia a trasmissione autosomica recessiva la cui prevalenza è stimata intorno a 1:1.000.000.

La malattia si caratterizza per una massiva ipertrigliceridemia ( livelli di trigliceridi superiori a 1000 mg/dl, potendo anche superare i 7000 mg/dl ) con presenza di chilomicroni a digiuno; il colesterolo totale è spesso aumentato in quanto aumenta la quota trasportata dalle lipoproteine ricche in trigliceridi, mentre il colesterolo HDL e il colesterolo LDL è basso.

La diagnosi viene in genere posta in età pediatrica per la comparsa di dolore addominale ricorrente; vi è infatti un alto rischio di pancreatite acuta, dal momento che nei capillari pancreatici i chilomicroni sono esposti a piccole quantità di lipasi pancreatica che idrolizza in parte i trigliceridi e i fosfolipidi con formazione di acidi grassi e lisolecitina che sono tossici per il parenchima pancreatico.

I trigliceridi, inoltre, sono captati dagli istiociti cutanei e dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale dando luogo a xantomi eruttivi ( localizzati alle natiche e alla superficie estensoria degli arti ) e a splenomegalia.

Inoltre, per valori di trigliceridi superiori a 2000 mg/dl si può evidenziare lipaemia retinalis, con pallore della retina e vasi retinici biancastri, e può coesistere cefalea per la iperviscosità ematica.

La diagnosi può essere posta sulla valutazione del plasma posto per 24 ore a 4 °C, poiché presenta un caratteristico strato cremoso in superficie con infranatante limpido, sulla determinazione dei trigliceridi e dei chilomicroni e sulla determinazione della LPL in campioni di plasma post-eparinici: nei soggetti normali, infatti, l’infusione di Eparina aumenta i livelli di LPL nel plasma, perché l’enzima viene staccato dall’endotelio capillare, mentre nei soggetti affetti tale aumento non si riscontra.

Una sindrome analoga, anch’essa a trasmissione autosomica recessiva, è causata dal deficit di Apo C-II, l’attivatore della LPL codificato da un gene sito sul cromosoma 19.
La carenza può essere dimostrata dall’assenza dell’Apo C-II all’elettroforesi su gel.

Sia per il deficit di LPL sia per quello di Apo C-II è possibile, inoltre, documentare le mutazioni dei rispettivi geni.

Oltre a queste due patologie rare, ben caratterizzate dal punto di vista genetico e fisiopatologico, va considerata anche l’ipertrigliceridemia familiare, una malattia a trasmissione autosomica dominante caratterizzata da un aumento della trigliceridemia ( compresa tra 200 e 500 mg/dl ), il cui difetto genetico non è noto.
L’ipertrigliceridemia familiare è, probabilmente, dovuta a un aumento della sintesi delle VLDL associato a una riduzione del suo catabolismo per ridotta attività della LPL.
Questa forma di ipertrigliceridemia si manifesta dopo la pubertà e spesso può essere esacerbata dall’eccesso di grassi o carboidrati nella dieta, dallo stile di vita sedentario, dall’obesità, dalla resistenza insulinica, dall’uso di alcol e dall’assunzione di estrogeni.
La diagnosi viene posta per la presenza di trigliceridemia compresa tra 200 e 500 mg/dl in assenza di patologie associate ( superiore a 500 mg/dl se presente diabete ) e nel riscontro di ipertrigliceridemia in almeno il 50% dei parenti di primo grado del probando. ( Xagena_2007 )

Fonte: Costabile G et al, G It Diabetol Metab 2007;27:82-92

Xagena_Medicina_2007